Due fatti, più di altri, hanno segnato le cronache degli ultimi giorni: l’elezione a segretario del Partito Democratico di Matteo Renzi e le manifestazioni che hanno visto, in molte città, scendere in piazza migliaia di cittadini. Apparentemente si tratta di fatti che s’incrociano solo nell’impaginazione quotidiana degli organi d’informazione. Eppure c’è un denominatore comune che unisce le due vicende. Un denominatore che non è rappresentato da spazi sovrapposti o da perimetri comuni ma da una linea di demarcazione che separa il prima dal dopo, e che esprime una voglia di cambiamento che mai è stata così forte nel nostro Paese. Una demarcazione dalla quale non si può più tornare indietro. Come a dire: l’anno zero è veramente arrivato e nulla sarà piùcome prima.

D’altronde era inevitabile: il Paese, dopo aver perso potere economico, giustizia sociale, diritti, posti di lavoro, dignità, adesso ha perso, anche (e definitivamente) la pazienza. E com’era giusto e inevitabile, ha detto basta. L’elenco è lungo: ha detto basta alla corruzione, all’incapacità, all’inefficienza, alle caste, al poltronismo, alle clientele, alle parentele, alle collusioni, agli interessi privati. Ma ha detto basta anche alla politica che non decide, ai tecnici che immaginano road map irrealizzabili, alla burocrazia falsamente neutra che contabilizza tutto tranne il disagio, la sofferenza e le povertà che crea.

I cittadini hanno detto basta dopo aver sopportato ingiustizie di tutti i tipi e pagato il prezzo dei privilegi di alcuni “soliti noti”. Hanno detto basta perché alla fine hanno visto piegarsi la schiena, schiacciata dal peso di uno stato di cose insostenibile. Una misura colma da tempo e che adesso è esplosa nelle piazze. Ma anche nelle urne delle primarie che hanno visto Matteo Renzi diventare, prima ancora che segretario del Partito Democratico, un’icona del cambiamento possibile. Adesso. Non tra anni e nemmeno tra mesi.

Anche il forcone, simbolo involontario delle proteste di questi giorni,è un’icona. Lo è diventato perché nelle piazze si rivendicano lavoro e giustizia sociale, si manifesta l’impossibilità ad andare avanti, la sofferenza e la perdita di dignità. Certo, nella sua referenza semantica evoca anche la possibilità di trasformarsi in un’arma di rivolta. Ma, per lo più, le manifestazioni sono state pacifiche (e speriamo che rimangano tali), salvo i casi d’infiltrazione, da cui i manifestanti hanno preso prontamente le distanze. Il forcone esprime un desiderio di cambiamento che non si può e non si vuole più attendere. Quello stesso cambiamento che è stato espresso nelle primarie e che ha fatto diventare Renzi un fenomeno sociale, non solo politico.

La classe dirigente degli ultimi decenni ci ha portati sulla soglia del baratro e, per invertire questo piano inclinato, è necessario anzitutto sostituire l’intero quadro politico nazionale, rivoluzionando il sistema stesso e la cultura sulla quale si basa. E’ questo il mandato che gli elettori hanno conferito a Renzi. Un mandato compatibile con le idee di Renzi, perché il neo segretario del PD èstato tra il primo a sostenere la necessità di rottamare quel sistema. E la partecipazione di massa alle primarie è stato ancora una volta il segnale che le persone vogliono partecipare per diventare protagonisti del proprio destino, partendo dalla scelta di chi li rappresenta.

A Formia, negli ultimi mesi, i cittadini sono stati chiamati a scegliere il candidato premier del centrosinistra (Bersani), poi il candidato sindaco (Bartolomeo), e il segretario nazionale (Renzi). Una scelta di partecipazione non semplice per chi non ce la fa più, per chi ha perduto la pazienza, ma ha comunque scelto di investire le sue speranze intravedendo un’ultima possibilità di realizzare quel cambiamento da tutti auspicato. Ora questo partito, e chi lo rappresenta a tutti i livelli, ha una grande responsabilità nei confronti di tutte queste persone. E’ inimmaginabile pensare di deludere chi, ancora una volta, con coraggio, perseveranza e senso civile ha dato fiducia alla “buona politica”, riponendo nel nuovo PD le residue speranze di un Paese migliore. Cambiamento:è questa la parola d’ordine. Quello vero, quello che, nella sua piùelementare accezione, sostituisce un sistema precedente e incrostato, con un sistema completamente nuovo. E’ questo stesso sentimento che mi ha spinto a candidarmi alle primarie e alle elezioni comunali. Esserci per cambiare, un impegno senza equivoci e senza compromessi.

Eppure, nonostante il concetto sia comprensibile anche ai bambini, gli stessi autori del disastro nel quale ci troviamo, cavalcano l’onda e vanno dove va il vento, in modo che tutto cambi solo apparentemente, perché nulla cambi sul serio.

In questi mesi ho visto salire sul carro dei vincenti, tanti vecchi arnesi della politica animati da un opportunistico entusiasmo. E allora anch’io mi chiedo come chiunque altro: “Ora che Renzi ha vinto, avremo finalmente questo cambiamento?”. E me lo chiedo perché assisto quotidianamente a pratiche che vanno nella direzione opposta, a un gran d’affare per rivestire di panni nuovi ciòche invece deve essere dismesso. E assisto al paradosso che quelli che dovevano essere i rottamati hanno assunto il ruolo di (finti) rottamatori. Col risultato che non è rimasto quasi nessuno da rottamare e tutto rischia di rimanere com’è sempre stato. Fino al punto che l’unica cosa che rischia di essere realmente rottamata èquell’idea di cambiamento che ci ha visto mobilitati.

Spero proprio che non sia così. E che anche chi ha sostenuto ma èparte del passato da cui si vuol prendere le distanza, si convinca a farsi da parte, e si rassegni all’idea è venuto il momento di voltare pagina e iniziare una nuova stagione.

Mi auguro che Renzi, con un’operazione profonda, dia davvero inizio a quel rinnovamento e ricostruzione che gli abbiamo affidato, per riportare il Partito Democratico al timone dell’Italia, uscire dalla tempesta e continuare in serenità la navigazione.

La neonata segreteria ha appena 35 anni di età media, ed èparadossale che i primi commenti sprezzanti siano arrivati proprio da chi ha la responsabilità del disastro in cui ci troviamo. E la dice lunga sul fatto che Renzi ha vinto le primarie ma che adesso deve vincere il rinnovamento, quello vero.

Spero che anche nella nostra Provincia si possa imboccare la strada giusta. Le prime avvisaglie non sono delle migliori e molti continuano come se se non fosse accaduto nulla. Penso che alle primarie gli elettori non ci abbiano firmato una cambiale in bianco ma ci abbiano conferito una mandato preciso: un taglio netto con il passato e con i suoi interpreti. Non possiamo e non dobbiamo deludere questo sentimento. E nemmeno eluderlo con operazioni di facciata. Non bastano i buoni propositi per il futuro, c’è bisogno di buone pratiche. Adesso, subito. Sicuramente, chi vuole un cambiamento vero, dovrà continuare a lottare, perché non è tutto finito con le primarie, ma tutto è appena iniziato. Io sono pronto e non intendo arretrare di un centimetro rispetto all’impegno che ho preso con i cittadini di Formia: un cambiamento vero e profondo. E non ci saranno sconti, né compromessi. L’otto dicembre il Partito Democratico, con Matteo Renzi, ha cambiato Segretario. Adesso cambiamo il Pd e un certo modo di fare politica. Così riusciremo a cambiare anche l’Italia.

Categorie: Politica

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